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Il negozio aperto nel 1930 a Milano

La tradizione orale familiare fa risalire addirittura al XVIII secolo il primo coinvolgimento dei Turci nella produzione e nella commercializzazione di scarpe; così ci raccontano Giorgio e Paola, rappresentanti rispettivamente della penultima e dell’ultima generazione della famiglia, impegnata nella gestione del negozio di calzature situato di fronte alla Stazione di Porta Genova nel cuore del quartiere Ticinese.

Esposizione internazionale

Non ci sono fonti certe circa queste lontane origini, ma alcuni fornitori tuttora esistenti, come ad esempio l’importatore di pellami Balza Borgoglio di Alessandria, raccontano di consegne effettuate con i carri agli inizi dell’Ottocento presso la primitiva sede dell’attività, a Viadana,lungo le rive del Po, a metà strada tra Parma e Mantova. Qui il bisnonno di Giorgio, Secondo Turci, gestiva infatti una discreta produzione di quelle calzature dalla punta arrotondata e dalla suola robusta conosciute nel Nord Italia con il nome di zibre o zibrette. Nei primi anni del Novecento Luigi, il primo dei sedici figli di Secondo, una volta appresi dal padre i segreti della produzione di calzature, decise di abbandonare Viadana per mettersi in proprio. Dapprima si recò a Milano, ma la scarsa disponibilità di manodopera specializzata lo portò ad abbandonare il capoluogo lombardo per stabilirsi a Vigevano dove da più di cinquant’anni esisteva una tradizione produttiva centrata proprio sulla scarpa.

Nacque così il “Calzaturificio Condor” che, stando alle stime di Giorgio, arrivò a produrre circa 1200 paia di zibrette al giorno: scarpe inchiodate, con suola ottenuta da gomma di recupero e tomaia in pelle o stoffa.

Lo storico calzaturificio Condor

La distribuzione, per quanto maggiormente incentrata sulle regioni settentrionali, si spingeva a tutto il territorio nazionale e questo ben presto fece sorgere l’esigenza di avvalersi di un centro di smistamento maggiormente servito e centrale rispetto alla Lomellina. Fu questa necessità a riportare Luigi a Milano per aprire in via Vigevano 32 un piccolo esercizio commerciale e affittare dei magazzini situati nel prospiciente vicolo Sartirana. La scelta non fu casuale: la ferrovia si trovava nelle immediate vicinanze, il Ticinese era il primo quartiere di Milano che si incontrava provenendo da Vigevano e proprio intorno alla stazione avevano stabilito le loro sedi e i loro magazzini molti corrieri.

Con questa doppia struttura produttiva e distributiva l’attività di Luigi si consolidò, ma questa non fu mai la sua unica occupazione: fin da giovane, quando ancora risiedeva a Viadana, si era infatti avvicinato al Partito Socialista ed aveva dato alle stampe alcuni libelli inerenti alla cooperazione e al mutuo soccorso operaio. Una volta giunto a Milano mantenne viva la sua passione politica. A Milano continuò ad essere attivo in seno al partito, si impegnò per alcuni anni nell’Amministrazione comunale, proseguì nella produzione di scritti di riforma sociale che poi si impegnò a spedire ai vari governi europei e alla Società delle Nazioni; ancora oggi Giorgio conserva alcune lettere con le quali organismi istituzionali internazionali davano notizie dell’avvenuta ricezione degli scritti del nonno. Talvolta le sue attività extraeconomiche ebbero ripercussioni anche sul calzaturificio, come quando decise di dare vita ad una sorta di società teosofica che si riuniva proprio nei magazzini di vicolo Sartirana. Dopo poco tempo fu costretto a scioglierla perché il quartiere guardava con sospetto gli incontri medianici organizzati negli edifici della stessa Condor.

Sicuramente il periodo maggiormente problematico per l’attività fu l’aprirsi del ventennio fascista che vide il negozio e i magazzini oggetto di continue perquisizioni che non poco intralciarono l’attività di distribuzione del calzaturificio, al punto che Luigi si vide costretto ad iscriversi al Partito Nazionale Fascista per far cessare le continue intrusioni. Nel frattempo l’unico figlio di Luigi, Guglielmo, immediatamente dopo la fine della Prima Guerra Mondiale di ritorno dal fronte, aveva cominciato a collaborare nella gestione del negozio milanese, assieme alla moglie, Matilde Maggiora, sposata nel 1921.

Guglielmo e Matilde si resero conto che la produzione di zibrette non sarebbe potuta continuare a lungo, in parte per la trasformazione del mercato che cominciava ad essere maggiormente esigente, in parte perché strettamente legata alle capacità paterne. Decisero dunque di puntare maggiormente sulla vendita al minuto, rimasta fino ad allora un’attività relativamente marginale. L’occasione per ingrandirsi venne nel 1930 quando si resero disponibili lo spazio ancora oggi occupato dal negozio in piazzale Stazione Genova 3 e l’annesso appartamento al primo piano, nel quale i Turci si trasferirono. Qui, grazie alla maggiore disponibilità di spazio, Guglielmo e Matilde poterono cominciare a distribuire non solo le zibrette paterne, ma anche prodotti di alcune importanti marche di calzature presenti allora sul mercato: L’areata Medusa, Ursus, Zenith e La Marca Aeroplano. Giorgio ricorda come in quegli anni fossero presenti nel negozio anche quattro operai che avevano il compito di montare le scarpe sul posto: calzature di alto livello, cucite a mano. Il tentativo di riposizionarsi sul mercato riuscì e pian piano l’attività di produzione smise di rivestire quel ruolo centrale che fino ad allora aveva mantenuto, anche perché, come si è detto, questa garantiva margini sempre più risicati rispetto a quelli ottenibili attraverso la commercializzazione di prodotti di fascia medio/alta.

Nel racconto di Giorgio e Paola emerge in più momenti l’importante figura di Matilde non solo nella gestione del negozio come d’altronde, Giorgio sottolinea, “è avvenuto per tutte le donne della famiglia”, ma soprattutto nella vita di quartiere; per molti anni si è dedicata ad opere di bene per i più bisognosi ed ha prestato la sua collaborazione presso istituzioni di beneficenza come l’Opera nazionale maternità e infanzia, La tazzinetta benefica e il nido di via Calmieri; “è stata madrina di molti bambini di famiglie povere che non avevano nessuno ed ha sempre aiutato in modo discreto e gentile tutti quelli che le hanno chiesto una mano per superare momenti difficili” . Di lì a pochi anni, nel 1933, il Calzaturificio Condor fu definitivamente chiuso, in seguito alla scomparsa di Luigi; l’attività commerciale continuò invece ininterrottamente per tutti gli anni Trenta, fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale durante la quale l’area dove si trova il negozio, posizionata vicino ad un importante nodo ferroviario, fu devastata più volte dai bombardamenti.

L’edificio che ospita il negozio non fu però mai colpito direttamente dalle bombe per cui, al termine del conflitto bellico, l’attività poté riprendere senza particolari problemi, grazie anche all’ingresso nella gestione dei figli (prima la sorella Carla e poi Giorgio) che si impegnarono nella ricerca di articoli qualificati come Lancav e Ghezzi, nel segno della scelta qualitativa compiuta ormai da anni dalla G. Turci, questo il nuovo nome dato alla ditta in seguito alla chiusura del calzaturificio di Vigevano.

Carla abbandonò l’attività nel 1957, anno del suo matrimonio; poco tempo dopo anche i genitori cessarono di occuparsi direttamente del negozio che rimase appannaggio di Giorgio il quale aveva alle spalle un’esperienza ormai quasi decennale: era infatti fisso in piazzale Stazione Genova dal 1949, da quando aveva terminato gli studi liceali. Fino ad anni non troppo distanti nel tempo, Giorgio fu coadiuvato nella gestione da Ferruccio Bernieri: un collaboratore che, arrivato nel 1936 come fattorino, rimase per una cinquantina d’anni con la famiglia Turci. Nonostante questi cambiamenti si mantenne comunque una certa continuità negli indirizzi commerciali, prova ne è il fatto che si proseguì, ad esempio, nella vendita rateale delle calzature.

La pratica era già in uso negli anni Trenta ma, dal secondo dopoguerra, assunse un carattere maggiormente formalizzato: spesso i grossi stabilimenti industriali dell’area milanese si accordavano con i commercianti locali per concordare un sistema di rateizzazione in favore dei loro dipendenti. Anche i Turci decisero di aderire a queste iniziative perché, come ci spiega Giorgio, il rapporto con aziende come la Richard Ginori, la Cge, la Philips, la Marcora, la stamperia Sella o le cristallerie Fontana, nonostante le dilazioni di pagamento e le complicazioni amministrative, era un valido sistema per garantirsi entrate sicure e soprattutto per raggiungere una fetta di mercato che non avrebbe goduto altrimenti della disponibilità economica necessaria per avvicinare i prodotti di fascia alta commercializzati dai Turci.

Allo stesso modo si è mantenuta la propensione verso prodotti di qualità, soprattutto sotto il profilo dei materiali e della fattura, e la meticolosità nella formazione del campionario, anche quando quindici/venti anni dopo, nei primi anni Ottanta, quest’operazione è divenuta una decisione presa collettivamente da Giorgio assieme alla figlia Paola e al genero Giorgio Tarenzio. Sia Paola, di formazione grafica, sia Giorgio, fotografo professionista, in seguito al loro matrimonio, decisero infatti di aiutare a tempo pieno il padre nella gestione del negozio condividendo con quest’ultimo la scelta di prodotti di buona fattura, fossero essi di marche internazionali come Finn Comfort, Birkenstock, Clarks o Mephisto, fossero invece produzioni nazionali come l’Artigiana Viareggina o l’Artigiano Torlasco di Castelnuovo Scrivia. Il segno più evidente della continuità è però forse dato dalla clientela perché, come ci raccontano Giorgio e Paola, nonostante nel corso degli anni il negozio abbia cessato di avere come riferimento solo il Ticinese e si sia aperto all’intera città di Milano e nono-stante le trasformazioni subite dal quartiere stesso, spesso vi è un susseguirsi di generazioni che continuano a servirsi dai Turci, confidando nelle loro scelte commerciali e nella loro capacità di comprendere le loro esigenze. Per poter mantenere un rapporto fiduciario con la clientela, fondamentale è l’approfondita conoscenza del mercato calzaturiero acquisita in quasi un secolo di attività commerciale, che fa preferire ai Turci relazioni con produttori che permettano una comunicazione biunivoca, un vero e proprio rapporto di collaborazione, a tutto vantaggio del cliente; cosa questa ormai sempre più difficile perché, come ci raccontano, spesso l’unico interesse dei grandi gruppi internazionali è quello di stipulare accordi di collaborazione centrati sull’imposizione dei quantitativi da acquistare durante la stagione.

Allo stesso modo, le recenti trasformazioni del mercato hanno portato la famiglia Turci ad abbandonare il settore della calzatura per bambino che per un certo periodo aveva trattato con successo; in questo settore infatti, ci spiega Giorgio, vi è la tendenza a cambi sempre più repentini dei modelli, così come avviene nel settore della calzatura sportiva; questo fa sì che spesso il cliente entri nel negozio chiedendo la novità dell’ultima ora, non ancora distribuita, o comunque calzature di nuova serie molto prima che le scorte di quelle della stagione precedente siano esaurite, rendendo complicata la gestione di questo settore con un solo punto vendita. Nonostante i molti cambiamenti del mercato, del quartiere e della stessa clientela, descritti da Giorgio e Paola, dopo qualche ora di permanenza con la famiglia Turci ci si accorge come la tradizione si respiri costantemente nella confortevole atmosfera del negozio che mantiene ancora gli infissi in ferro battuto, alcuni mobili di pregevole finitura e le scritte commerciali di un tempo: quasi a voler far emergere il capitale materiale e immateriale di esperienza e continuità che una famiglia di piccoli imprenditori ha accumulato in un secolo di vita ed esprime nella quotidianità della gestione commerciale.

La storia continua!

Nel 2008 iniziano a collaborare all’attività di famiglia Tommaso e William, rispettivamente figlio e nipote di Giorgio e Paola. Sono ancora studenti universitari e quindi l’impegno in negozio non è a tempo pieno. Dal 2009, conclusi gli studi decidono di dedicarsi totalmente al commercio portando una ventata di aria nuova e una valida mano nel lavoro quotidiano. La passione in questo settore come in altri è determinante per il successo dell’attività e Tommaso e William partecipano con grande interesse a corsi formativi presso i fornitori. Visitano anche diversi produttori calzaturieri al fine di conoscere sempre meglio le caratteristiche tecniche e le varie lavorazioni, per poter offrire ai clienti competenza e professionalità come vuole la tradizione di Turci Calzature.

Nel 2013 Sara si aggiunge allo staff di Turci, contribuendo in maniera molto efficace all’inserimento e allo sviluppo dell’abbigliamento e degli accessori.